Credo che quello da analizzare in questo albo non sia la trama, ci sono anche lì degli ottimi spunti di riflessione, ma mi limito a segnalare i commenti di Jack
#entry407568822 e Danilo
#entry407713686 che li analizzano in modo approfondito, io mi ritrovo di più nel secondo, ma sono sfumature.
La costruzione della storia è molto simile a quella delle grandi storie di Vigna, cioè il fatto di ancorarsi ad un personaggio e soprattutto al passato come frutto di ricordi e sensazioni, come l'era in cui era possibile sognare. Con un po' di rimpianto perchè adesso non si sogna più.
Eppure se Vigna riesce a osare anche nel costruire una trama non lineare, in cui si confondono gli elementi reali con quelli metanarrativi, altrettanto non si può dire della parte visiva del fumetto, che invece è estremamente piatta e regolare nella suddivisione delle tavole e nella scelta delle inquadrature.
Questo a dimostrare che per rifare quel vecchio Nathan Never non è necessario solo giocare sul ritmo narrativo, ma bisogna osare dal punto di vista grafico. E qui vengono i guai, perchè se una storia del genere la affidi a Di Clemente è ovvio che di più non è in grado di tirarti fuori, non è solo una questione di quantità di impegni, il Casini degli anni d'oro produceva lo stesso numero di tavole, ma con una qualità imparagonabile a questa.
Le tavole di Casini e di Mari davano un'altra impressione, trasudavano personalità, si vedeva la capacità di dare un'interpretazione personale, queste sono semplicemente una produzione seriale. Dicle si lamenta di non riuscire a dare personalità alle scene di dialogo, è ovvio, i suoi personaggi recitano solo con il volto, quelli di Casini e Mari, ma anche di Castellini eccetera parlavano con tutto il corpo, c'è una differenza incredibile in questo e lo stesso vale per i suoi sfondi, sono sempre anonimi, non si vede mai un oggetto o qualcosa che parli del personaggio, o forse c'è solo se lo sceneggiatore lo indica, ma così non va bene. Per un confronto basta sfogliare il recentissimo numero 250 di Giardo (così non parlo solo del passato) e pensare che è stato disegnato in quattro mesi.
Insomma la mia idea è che se si vuole rilanciare Nathan Never bisogna anche fare attenzione alla scelta dei disegnatori, non solo pensare allo stile di scrittura. E la cosa che mi preoccupa è che, alla fine dello stream of consciousness, mi accorgo di dare ragione a sbu